PRIEBKE
E LA PENA DI MORTE
Priebke
alle Fosse Ardeatine fu personalmente responsabile , volente o
nolente, dell’uccisione di 5 uomini in più rispetto all’ordine
militare ricevuto di “giustiziarne” 330 secondo la regola dettata
dal folle e sanguinario Hitler : 10 per ogni tedesco ucciso.
Nell’attentato di via Rasella a Roma, che diede poi origine al
massacro delle Ardeatine, furono uccisi dai Gap 33 soldati sud
tirolesi che passavano lì ogni giorno cantando, in modo ostentato e
provocatorio, i loro inni e canti germanici.
Per
almeno questo motivo, l’uccisione di 5 uomini, a mio parere, gli
sarebbe spettata la condanna alla pena di morte dal Tribunale
militare italiano che lo giudicò. Ma siamo a conoscenza che la pena
di morte , secondo le leggi militari vigenti in Italia, la si può
comminare solo in tempo di guerra ed in determinati casi stabiliti
dalla legge .
Più
in generale e a prescindere da Priebke , se giudichiamo come comuni
persone e non come giudici in tribunale, si possono tenere presenti
altri aspetti come quelli di tipo umanitario. Oppure di tipo più
razionalistico in cui, però anche lì, non si dovrebbero escludere
gli aspetti umanitari.
A
mio parere è sempre positivo e dà lustro alla persona,
interrogarsi, in tutta onestà intellettuale, sforzarsi ad entrare
nei panni della persona giudicata, e chiedersi : al posto suo avrei
fatto meglio, lo stesso o peggio? Giacche, credo che noi tutti,
siamo soggetti a sbagliare.
Talvolta
volontariamente lucidamente e consapevolmente. Oppure esasperati
emotivamente dalle circostanze e/o da possibili provocazioni et
cetera. Talora in “buona fede” , per insufficienza di
informazione e conoscenza. Altre volte sbagliamo pensando addirittura
di fare bene ed invece facciamo danni anche grossi.
Resta
il fatto che quando giudichiamo gli altri usiamo un certo metro di
giudizio. Mentre quando giudichiamo noi stessi, magari per lo stesso
identico sbaglio, siamo molto più indulgenti e privilegiamo, fra le
categorie di giudizio, quelle che ci sono più favorevoli.
Queste
considerazioni sul nostro modo di essere non ci debbono però portare
alle secche e pericolose concezioni del basso decadentismo culturale
che , per altro, è quello attualmente predominante.
Noi
tutti possiamo e dobbiamo migliorarci.
Personalmente
ritengo che la pena di morte, per i reati di terrorismo e di omicidio
volontario, possa essere un strumento che potrebbe salvare a priori
la vita di potenziali vittime da parte di potenziali uccisori. Questo
sia per l’effetto della deterrenza, sia perché chi ha già ucciso
volontariamente diventa un potenziale assassino. Purtroppo non
mancano esempi tragici in questo senso.
Ritornando
a Priebke. Se avesse percepito la possibilità, reale per allora, di
essere condannato a morte , forse si sarebbe guardato bene da
uccidere quelle ignare ed incolpevoli, come tutte le altre 330, 5
persone in più. Se, al contrario, percepiva di passarla liscia o
addirittura di essere pure lodato , pur se non ufficialmente, si
capisce come questo possa averlo indotto a quell’eccidio e a
mitragliarne 5 in più.
Le
conseguenze che si sa di potere pagare, possono fare quindi la
differenza tra la scelta a delinquere o all’opposto ad esimersi
dal delinquere da parte di una stessa persona riguardo a qualsiasi
tipo di reato.
Da
questo punto di vista, Priebke, o qualunque altro uomo nelle stesse
circostanze di Priebke, avrebbe probabilmente optato per la propria
salvezza invece che trucidare quelle 5 povere vittime in più
rispetto all’ordine militare ricevuto.
Da
altro canto resta però anche certo che non siamo tutti uguali.
Ovvero per esempio proprio lo stesso Priebke ha sempre dimostrato
pubblicamente un atteggiamento di uno per niente pentito o
addirittura forse anche fiero di se stesso.
E’
purtroppo dimostrato nei fatti, in generale e lasciando il caso
particolare di Priebke, che chi si è reso colpevole di omicidi
volontari o, peggio, con efferatezza, per terrorismo, per mafia, od
anche per questioni di tipo personale, hanno poi, rimessi in libertà,
se erano stati arrestati, oppure non catturati, perpetrato altri
omicidi.
Per
queste ragioni, a mio parere, per salvare la vita di potenziali
vittime da parte di potenziali uccisori, nel caso in cui fosse il
primo omicidio, o da assassini, per chi ha già commesso omicidio
volontario, la pena di morte potrebbe essere uno strumento legale da
prendere in considerazione.
Riguardo
a ciò non condivido le posizioni di chi, per ideologia, e a priori
in linea di principio, sono contrari alla pena di morte. Con questo
tipo di posizioni, malauguratamente e di fatto, non si scongiurano
possibili altri futuri omicidi.
Bisogna
essere dalla parte di Abele, non di Caino.
Novembre
2013 prof. G. Pappalardo